Lo champagne Krug non sarebbe di certo mai nato se l’uomo da cui ha preso il nome non fosse stato, nella prima metà dell’800, un giovane idealista e romantico in sintonia con lo spirito di quel tempo. Joseph Krug, tedesco di nascita e viaggiatore per vocazione, nel 1834 aveva infatti già in tasca una discreta carriera in Francia come socio della maison Jacquesson, la più importante produttrice di champagne dell’epoca. Marito di una delle ereditiere dell’azienda, avrebbe potuto mettersi in panciolle e osservare i profitti crescere senza fare niente o quasi, ma non lo fece: lo champagne per lui non era un lavoro come un altro, ma una vera e propria ossessione, sentimentale e culturale. La convinzione di poter trovare un modo per ricavare il gusto perfetto dalle uve, lo spinse, già in età matura, a fondare la sua maison personale. L’obiettivo era chiaro: dare vita a uno champagne non sottomesso ai capricci climatici, frutto di un connubio ottimale fra tecnica e passione.
Fu questa ossessione per l’eccellenza a dar vita alle cuvée Krug ottenute da diverse qualità di vini, frutto di una diversa relazione fra gli esseri umani e la natura. Con un intervento umano più accentuato nel caso di vitigni ordinari, o invece più contenuto per lasciare la parola alle meraviglie naturali quando le annate si dimostravano qualitativamente eccezionali, la maison Krug differenziò in breve la sua produzione nel nome dell’eccellenza, sviluppando champagne di primissima qualità che riscattava, finalmente, il valore di quella che oggi chiameremmo ricerca e sviluppo. Se lo champagne è ottimo dipende, ancora prima che dal vino, dalla mente di chi lo immagina e lo studia.